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E’ che la morte ci fa paura, è inutile prenderci in giro…fa paura a chi crede e a chi non, e non c’è nulla di cui vergognarsi o di cui pentirsi… E come con tutte le nostre paure, anche con la più grande, non c’è seduta psicoanalitica o corso avanzato di yoga che tengano (per carità io pratico entrambi), ma ci dobbiamo solo giocare…Si proprio così giocare..cerco di spiegarmi meglio… Io, da piccola, in Puglia,  la notte tra il primo novembre e il due non riuscivo a chiudere occhio: prima di andare a letto, con mamma mi divertivo a scegliere la tovaglia più bella, i piatti, i bicchieri e le posate del servizio buono per apparecchiare la tavola, acqua e vino a volontà ed un un chilo di pane del quale con cura mio padre tagliava solo la prima fetta, perché da noi non devono “fare complimenti” manco i morti…

Lasciato acceso il lumino rosso nel fracassè del cucinino , dove io appesa ad un molletta (con la quale giorni prima avevo fatto le prove di carico) appendevo il mio solito calzino un po’ consumato, rattoppato, di quelli spaiati di papà che  mamma aveva perso in uno dei tanti giri di giostra di lavatrici…E poi quatta quatta facevo finta di andare a dormire…

Facevo finta si, perché io avevo voglia non solo di trovare la calza piena di caramelle e dell’immancabile carbone dolce, ma soprattutto avevo voglia di incontrare i morti…i nonni o le zie che non avevo avuto modo di conoscere, o che avevo conosciuto per poco e, che in questa notte speciale, avrebbero animato la mia casa…Da bambina non avevo paura della morte, come avrei mai potuto avere paura di una zia o di una nonna che sarebbero venuti a portarmi la calza e  a rallegrare la mia cucina con risate e storie da raccontare?! Beh, a dirla proprio tutta, io i morti da piccola non sono mai riuscita ad incontrarli, nonostante mi svegliassi ad ogni ora, durante quella notte così speciale; ma se la mattina seguente trovavo puntualmente quel calzino rattoppato, pieno di leccornie e con una molletta in più per evitare cadesse, allora non vi è dubbio che tutti quei morti erano passati… D’altronde l’acqua e il vino erano stati consumati e del pane solo briciole…

Allora, se la morte è un calzino rattoppato pieno di caramelle, un lumino acceso, delle briciole di pane sul tavolo, mezza caraffa d’acqua e di vino, due mollette, il servizio e la tovaglia buoni, ma soprattutto le risate e le storie raccontate dai miei nonni e zie già volati via, non posso averne paura, o meglio, posso solo vincere la paura della morte vivendo a pieno la vita, come solo i bambini sanno fare…

Foto e Articolo di Adriana Stefanachi – Project Manager Pugliesi a MIlano